Dopo il tragico incidente accaduto in un bosco vicino ad Imperia nel quale ha perso la vita un giovanissimo “escursionista” (alla cui famiglia va tutto il nostro cordoglio ed affetto), sentiamo il dovere di svolgere alcune riflessioni al fine di stimolare un giusto intervento da parte di tutti coloro che gestiscono il territorio agro-silvo pastorale e che, in particolare, hanno a che fare con quel mondo venatorio che, se da un lato, è ricco di fascino ed attrattiva, dall’altro richiede estrema cautela ed attenzione da parte di tutti coloro che lo frequentano a causa della sua intrinseca pericolosità.
E’ nostra ferma convinzione che debbano essere studiate una serie di accortezze per tutelare, al meglio, tutti coloro che, a vario titolo, entrano in contatto con la natura, ma tutto ciò deve essere fatto senza dimenticare le legittime esigenze di tutti quei cacciatori (certamente la stragrande maggioranza) che esercitano, con passione, rispetto ed attenzione, l’arte venatoria.
Per quel che riguarda, in particolare, la caccia al cinghiale (la cui eccessiva diffusione è diventata una vera e propria piaga sociale) ci sentiamo di suggerire i seguenti accorgimenti: Per poter iniziare la caccia agli ungulati (cinghiali) occorre aver preso la licenza da caccia da almeno 10 anni;
- obbligo di avere una relazione comportamentale firmata dal capo squadra e almeno da uno dei vice capo squadra nella quale si attesta la partecipazione ad almeno 50/100 battute come ospite e senza fucile, per tutti coloro che vogliono far parte della squadra di caccia al cinghiale, sia come iscritto che come ospite,;
- obbligo da parte delle associazioni che rappresentano la categoria dei cacciatori i cinghiali di organizzare specifici corsi di aggiornamento diretti da professionisti esperti (per es. ufficiali delle Forze dell’ Ordine, tiratori scelti) con il rilascio di attestati di specifica qualificazione;
- pene severissime per chi ha la responsabilità accertata per danni arrecati con l’uso di armi pericolose (ad es. l’arma rigata e con calibro elevato);
- obbligo da parte della squadra che ha in gestione la zona di caccia al cinghiale di installare apparecchi luminosi a LED a distanze ben visibili tra di loro, in modo tale da segnalare adeguatamente la presenza di una battuta di caccia.
Sarebbe il caso, poi, di suggerire e/o imporre a tutte quelle persone che si addentrano nei boschi soprattutto nel periodo dell’attività venatoria (ad es. in cerca di funghi o anche solo per una passeggiata) di indossare (come imposto ai cacciatori di cinghiali) un giubbetto ad alta visibilità.
Gli stessi accorgimenti, infine, andrebbero utilizzati anche nelle c.d. “zone bianche” dove attualmente non è prevista alcuna segnalazione.
Per ultimo, ma non in ordine di importanza, riteniamo assolutamente importante ed essenziale, l’intervento di S.E. il Prefetto al fine di convocare, con l’urgenza che il caso richiede, un tavolo di concertazione con tutte le associazioni interessate al fine di evitare facili strumentazioni da parte dei soliti detrattori, a difesa della stragrande maggioranza dei cittadini-cacciatori che esercitano l’attività venatoria con grande passione, professionalità e nel pieno rispetto delle norme sia nazionali che regionali.
Quanto sopra anche al fine di evitare che in futuro possano essere pubblicati, con estrema disinvoltura, articoli, come quello apparso su “Il Giornale” in data 1 ottobre, in cui si definisce la caccia come quella “pratica che ogni anno causa milioni di vittime e decine di vittime umane” ovvero possano essere effettuate proposte superficiali e prive di significato come quella avanzata dall’On.le Ministro dell’Ambiente di vietare la caccia di domenica (fino a prova contraria la domenica e l’unico giorno libero anche per noi cacciatori!).
Il tutto nella ferma convinzione che solo unendo le forze e manifestando unità di intenti si potrà giungere ad un punto di incontro ed equilibrio che consenta di garantire un legittimo quanto sicuro esercizio della nostra amata attività venatoria.